Al di là di ogni considerazione strettamente legale, amministrativa o politica, è un dato di fatto che tutti i rapporti ambientali relativi alle acque superficiali fotografano un quadro sostanzialmente uguale a quello di 5 anni fa. Il rapporto ARPAC sullo stato dei fiumi della provincia di Salerno individua infatti due criticità importanti. Sono ancora numerosi i comuni senza adeguati trattamenti degli scarichi fognari e l’impiantistica di depurazione è lontana da una condizione di efficienza tale da risolvere i problemi. Non solo, dal dossier “Goletta dei Fiumi 2020” di Legambiente emerge un quadro impietoso in merito allo stato di inquinamento dei fiumi Sarno, Sele, Picentino e Irno.
ARPAC: COMUNI CON GRAVI CARENZE NELLA DEPURAZIONE
Comuni che non effettuano la depurazione dei reflui e li scaricano, in toto o in parte, tal quali, nell’ ambiente.
- Altavilla Silentina, scarichi tal quali nel fiume Calore, torrente Rimati, torrente Frangi, torrente Canale, torrente del Convento. Il numero di abitanti equivalenti: serviti dalla fogna pubblica sono circa 3132; serviti da sistemi individuali o altri sistemi adeguati (vasche a tenuta o vasche Imhofff) circa n. 4012; sottoposti a trattamenti depurativi n. 0.
- Battipaglia Tavernola, scarico tal quale nel Fiume Tusciano di circa il 60% dei reflui. Il depuratore di Battipaglia ha una potenzialità che non consente di depurare tutti i reflui affluenti all’impianto, pertanto in parte sono inviati tal quali al Fiume Tusciano.
- Bellizzi, scarico tal quale nel canale denominato Vallemonio. E’ previsto il collettamento dei reflui al depuratore di Salerno nell’ambito del Grande Progetto della Provincia di Salerno
- Castel San Lorenzo, scarichi tal quali nei torrenti Milordo, San Nicola, Giardino. E’ stata espletata la fase amministrativa della gara di appalto per l’affidamento dei lavori di realizzazione dell’impianto di depurazione e rete di collettamento in località Galdo.
- Corleto Monforte, scarichi tal quali nei torrenti Carpene-Calcinara, e in piccola parte nel torrente Palata-Cellino. L’andamento orografico del Comune di Corleto Monforte è tale che lo scolo naturale delle acque, compreso quelle nere, avviene per la quasi totalità verso sud e quindi verso il torrente Carpene-Calcinara. E’ qui che confluisce la rete fognante principale, al servizio dell’abitato. Le utenze idriche dell’abitato nel 2017 sono state pari a 386 di cui 342 domestiche e 44 uso diverso.
- Montecorvino Pugliano, reflui al depuratore di Salerno – Circa il 5% dei reflui sono scaricati in incisione naturale alla località Torello. Nell’ambito del Grande Progetto della Provincia di Salerno è stato previsto il collettamento dei reflui scaricati in corpo idrico superficiale al depuratore di Salerno
- Montecorvino Rovella, Scarichi tal quali nei torrenti: Acquolella, Fosso Rienna, Cornea, Marmo, Incisioni Naturali. E’ previsto il collettamento dei reflui al depuratore di Salerno nell’ ambito del Grande Progetto della Provincia di Salerno
ARPAC SALERNO: Monitoraggio fiumi e depuratori Salerno
LEGAMBIENTE: SOFFERENZA DEL SARNO E DELLA FOCE DEL SELE
Il fiume Sarno continua a versare in uno stato di forte sofferenza causato da scarichi di reflui urbani e industriali non depurati, inquinamento da fertilizzanti e pesticidi dell’agricoltura e difese naturali ridotte ai minimi termini, più incoraggiante la situazione del fiume Sele e del Tusciano. Questa la fotografia delle indagini condotte da Goletta dei fiumi della Campania promossa da Legambiente. Partendo dall’esperienza di monitoraggio degli anni scorsi del fiume Sarno, Legambiente allarga le sue iniziative anche al fiume Sele e al fiume Tusciano con 33 punti complessivi di campionamento, 594 determinazioni analitiche e 12 volontari coinvolti nelle attività di prelievo campioni di acqua e analisi. La Goletta dei Fiumi insieme alle storiche campagne di Legambiente come Goletta Verde, Spiagge e Fondali Puliti rappresenta un ulteriore pratica di esperienze di monitoraggio scientifico in tutto il paese grazie ai nostri volontari e considerate da più fonti istituzionali internazionali come una delle esperienze più avanzate al mondo della citizen science.
Il monitoraggio svolto da Legambiente, tra il 20 settembre e il 6 ottobre, non vuole assolutamente sostituirsi o compararsi con quello realizzato dall’Arpac, soggetto pubblico deputato a valutare la qualità ambientale dei fiumi secondo le articolate modalità definite dalle vigenti disposizioni di legge. Tuttavia, sebbene il monitoraggio realizzato rappresenti solo una istantanea e contempli solo alcuni indicatori, può fornire utili spunti per la ricerca delle cause dell’inquinamento nella più ampia prospettiva del perseguimento della sicurezza e della qualità ambientale come previsto dalle Direttive “Acque” e “Alluvioni”.
“I dati del monitoraggio e le ulteriori informazioni raccolte evidenziano la necessità di un cambio di rotta nelle politiche e negli approcci adottati ad oggi per questi tre bacini. Non è più sufficiente- commenta Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania- mettere in atto iniziative estemporanee, volte solo a stare dietro le emergenze e spesso poco coerenti con gli obiettivi di qualità fissati in condivisione in ambito comunitario. Occorre passare dalla giustapposizione di interventi non integrati tra loro alla pianificazione e coordinamento degli interventi strutturali e delle attività gestionali in coerenza con i principi di sostenibilità, da parte di tutti gli enti e soggetti che hanno competenza. Anche se in diverso grado, i tre fiumi indagati evidenziano diffuse criticità ecologiche, sia sotto l’aspetto della qualità delle acque sia della qualità morfologica e biologica, che si frappongono al raggiungimento dello stato di qualità buono richiesto al 2015. Per controvertire la situazione – conclude Chiavazzo di Legambiente-si dovrà in particolare porre rimedio alla carenza depurativa, sia in termini gestionali sia strutturali, che purtroppo determina lo sversamento di rilevanti carichi inquinanti di origine civile e produttiva; alla manomissione e degradazione degli ambiti perifluviali, le fasce che affiancano gli alvei, sottoposte a tagli della vegetazione e riduzione dell’estensione laterale e longitudinale; alla manomissione e degradazione degli alvei, arginati, cementificati, artificializzati, con opere di fondo e laterali; alle disfunzioni derivanti dalla impermeabilizzazione ed artificializzazione dei suoli in ambito urbano e agricolo; agli afflussi di inquinanti diffusi, in particolare nutrienti, derivanti dal settore agricolo. “
Allo scopo- commenta Legambiente- oltre al rispetto delle disposizioni di legge a tutela dell’ambiente sarà opportuno avviare processi di coordinamento e condivisione di impegni aggiuntivi da parte di tutte le parti, dalle pubbliche amministrazioni ai privati al fine di creare diffuse sinergie e convergenze per una riqualificazione fluviale. Tra gli strumenti che più si prestano a perseguire tali scopi sicuramente il più confacente è il Contratto di Fiume, un “sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale”, uno strumento volontario di pianificazione e programmazione strategica e negoziata che persegue la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche, la valorizzazione dei territori fluviali, il contenimento del degrado eco-paesaggistico unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, attraverso processi partecipativi dei territori.
Eppure da tempo l’Europa richiama l’Italia ad avere corsi d’acqua in buono stato. Nel 2015 è scaduto il termine per il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla direttiva 2000/60, in termini di conseguimento (o mantenimento) del “buono stato ecologico” per tutti i corpi idrici.
“Ad oggi però circa il 60 per cento delle acque dei fiumi italiani si trova in uno stato di qualità insufficiente e un italiano su quattro non è servito da adeguata depurazione – sottolinea Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente –. I ritardi in questo settore costano multe salatissime all’Italia. Soldi che potrebbero essere spesi per mettere finalmente fine all’emergenza depurativa. Bisogna cambiare rotta e per far questo serve soprattutto la volontà politica di rimettere i fiumi e i territori fluviali al centro. Una corretta gestione della risorsa idrica deve prevedere azioni e strumenti che coinvolgano e responsabilizzino cittadini, associazioni, consorzi di bonifica, realtà agricole e industriali, gestori del servizio idrico, enti e amministrazioni locali. Con l’obiettivo comune di coniugare la qualità dei corpi idrici con la mitigazione del rischio, la riqualificazione dei corsi d’acqua e del territorio e lo sviluppo socio economico delle comunità locali”.