Tunnel in Costiera Amalfitana, tra burocrazia e ‘sindrome di Dresda’

Qualche ora fa ho partecipato in Consiglio Regionale ad una votazione lampo di un provvedimento che poteva sembrare una formalità burocratica per come veniva presentata senza alcuna discussione o dibattito. Presenti, favorevoli, contrari… e in pochissimi minuti la Regione Campania approvava un tunnel di 18 milioni di Euro in Costiera Amalfitana. Viviamo in un paese dove la burocrazia non solo blocca ogni possibilità di sviluppo ma legittima spesso decisioni politiche dannose e contrarie al senso comune. Un caso eclatante è proprio quest’opera che ridisegna il profilo viario della perla della Provincia di Salerno e della Campania, riconosciuta in tutto il mondo e dall’Unesco come patrimonio universale. La ragionevolezza e il senso comune porterebbero a pensare che ogni qual volta prendiamo decisioni che modificano quel patrimonio dovremmo tener conto non solo della volontà del singolo comune, della provincia o della regione, ma dovremmo rapportare quelle decisioni rispetto all’interesse universale che abbiamo contribuito a determinare. Questo è lo spirito dei riconoscimenti Unesco, la necessità di preservare nel tempo un valore universale indipendentemente dagli interessi particolari. Con il tunnel in costiera amalfitana l’italica burocrazia come un carro armato fa terra bruciata di questi principi in nome di uno sviluppo infrastrutturale anacronistico e fuori dal tempo. In questi mesi infatti viene rispolverato il progetto di una galleria di 400 metri necessaria secondo i progettisti a bypassare un tratto di strada particolarmente tortuoso per il traffico veicolare. Nessuno degli enti coinvolti nella sua realizzazione, dai comuni alla provincia, dalla regione al governo evidentemente inebriati dall’odore di una ‘grande opera ingegneristica’ hanno avanzato un dubbio sul fatto che proprio la particolare orografia di quel tracciato stradale è parte determinante del valore universale riconosciuto. Tutti i passaggi burocratici che ineluttabilmente si stanno compiendo per perforare la Costiera Amalfitana, singolarmente presi magari sono perfettamente legali e amministrativamente ineccepibili, anzi diluiscono tra gli enti la responsabilità ad un livello tale da rendere irrecuperabile un atto unitario e politicamente imputabile. A nessuno sembra interessare il fatto che da oltre 20 anni non si conta più il numero di ordinanze emesse per la riduzione del traffico veicolare. A nessuno interessa il fatto che con i 18 milioni di Euro previsti per 400 metri di galleria si potrebbe incentivare una mobilità veramente sostenibile e coerente con la preservazione del valore universale del sito. A nessuno sembra interessare che l’intera strada statale 163 Amalfitana è tortuosa per natura, per definizione e per bellezza. In una apocalittica visione post moderna della mobilità sarebbero necessari decine e decine di tunnel per risolvere il problema del traffico fra Vietri sul Mare e Sorrento. L’unica possibilità di ritorno al buon senso potrebbe essere l’intervento dell’Unesco stesso, mai sollecitato in questa diatriba se non da Movimento 5 Stelle, che forse avrebbe qualcosa da dire sulla prosecuzione del rapporto di sponsorizzazione universale vista l’opera in oggetto. E non è una provocazione. Da molti anni infatti accanto alle liste dei siti riconosciuti e di quelli potenziali viene stilato l’elenco dei siti ‘in pericolo’. L’eventualità di terremoti, guerre, eventi geologici, urbanizzazione e overturismo sono circostanze da considerare in una prospettiva globale e possono mutare le caratteristiche originarie delle centinaia di siti riconosciuti. Per evitare tra queste almeno quelle determinate volontariamente da attività umane esisterebbero i piani di gestione. Pochi lo sanno, ma la convenzione stipulata tra lo Stato Italiano e l’ONU per disciplinare i patrimoni universali obbliga a redigere dei piani a garanzia della conservazione dei siti così come erano al momento del primo riconoscimento. Manco a dirlo il sito Unesco Costiera Amalfitana non ha mai avuto un piano di gestione a causa della difficoltà di coordinare tutti gli enti e organismi pubblici che a vario titolo vantano una qualche autorità sul territorio. Questa legittima prerogativa di controllo da parte dell’Unesco non è una formalità burocratica ma un concreto richiamo per gli stati aderenti alla convenzione. Un esempio su tutti: nel 2013 il centro storico di Dresda ha perso il riconoscimento di patrimonio Unesco a causa della costruzione di un ponte di accesso alla città giustificato appunto esigenze di decongestionamento del traffico. Forse non arriveremo a tanto ma una riflessione sulla capacità politica di valorizzare i nostri patrimoni va fatta. Se non riusciamo ad avere una visione complessiva e di lungo periodo delle nostre ricchezze ma lasciamo che l’organizzazione e promozione del turismo venga determinata dall’ineccepibile studio di fattibilità di un buco nella roccia, il fallimento di questa classe dirigente è drammaticamente conclamato.