Un aspetto importante della programmazione turistica di una regione sono i dati. Noi non solo non abbiamo un piano turistico degno di questo nome, ma non abbiamo un osservatorio (previsto per legge) dal quale estrapolare informazioni per stimolare politiche corrette di sostegno.
Da questo punto di vista sia il governatore che l’assessore al turismo preservano l’abitudine di misurare il turisti ‘tanto al chilo’, solo con le presenze e con dati estrapolati da enti terzi.
Da questo punto di vista la Puglia è almeno 10 anni avanti a noi, non ancora in termini di numeri, ma sicuramente in termini di programmazione.
Con il progetto PROSFERE della Camera di Commercio di Brindisi del 2015, infatti, sono stati elaborati dei dati che testimoniano il rapporto tra le scelte di sostenibilità delle strutture recettive e l’aumento del fatturato.
E’ stato certificato che per le strutture dove vengono effettuate scelte legate alla salvaguardia dell’ambiente è possibile ottenere un differenziale di fatturato maggiore del 10% rispetto a quelle che non fanno questo scelte. E il trend è in continua crescita.
La ricerca è stata condotta con un’indagine sugli operatori, relativamente alle iniziative volontariamente intraprese riguardo al turismo sostenibile, pratiche più o meno impegnative, dalle piccole cose ai grandi investimenti, e in particolare:
RISPARMIO IDRICO
(doppio pulsante di scarico, controllo perdite, trattamento acque scarico, rompigetto, utlizzo acque reflue per irrigazione)
RISPARMIO ENERGETICO
(lampade basso consumo, controllo illuminazione, pompe di calore, spegnimento impianti all’apertura delle finestre, accensione spegnimento impianti su presenza ospite)
BUONE PRATICHE
(informative clienti su consumo acqua, regolazione temperature, consumo di detergenti nella pulizia della struttura, ristorazione a km0, prodotti biologici)
RIFIUTI
(Personale sensibile a tematiche ambientali, manutenzione aree verdi, certificazioni ambientali, incentivo utilizzo mezzi pubblici, mezzi trasporto ecologici)
Queste scelte diventano importanti non solo per gli effetti nel medio lungo periodo sull’ambiente, ma immediatamente, se opportunamente comunicate alla clientela, sull’immagine della struttura.
Quante strutture sono dotate di pannelli solari ma non lo comunicano? Quante strutture hanno sensori di presenza nelle camere ma non lo fanno presente ai clienti? Quanti ristoranti adottano politiche di approvvigionamento legate a sostenibilità ambientale ma non lo fanno presente?
I dati più attendibili, visto che non ne abbiamo di ufficiali ma fanno tutti riferimento ad associazioni o altri enti pubblici che non hanno specifiche competenze sul turismo come la Banca d’Italia, sono quelli di Legambiente di qualche hanno fa (2016) e ci dicono che a livello nazionale il valore della domanda di turismo sostenibile si aggira intorno ai 2 miliardi e 175 milioni di euro.
E il futuro si prospetta piuttosto roseo: la crescita annua è del 9,9% medio annuo a livello mondiale, a conferma di un trend che in Italia è già in forte ascesa dal 2007 (+7% per le presenze nelle strutture ricettive delle aree protette e +21% del fatturato).
il 54% dei turisti pianifica il proprio viaggio ponendosi il problema di intraprendere delle scelte che non danneggino l’ambiente e il 50% di questi è disposto, anche, a pagare tra il 10 e il 20% in più, pur di vivere un’esperienza che sia green.
Su questo si è espresso anche Tripadvisor in occasione della Giornata Mondiale della Terra tenutasi 22 aprile 2016, affermando che il 40% degli italiani ha in programma un viaggio sostenibile nei prossimi anni.
E anche in quest’occasione, è stato posto in risalto un trend in netta crescita: basti pensare che nel 2015 i viaggiatori green erano il 34% e nel 2014 il 26%.
Senza dubbio, merito anche del principale canale di informazione, il Web, il quale contribuirebbe (secondo il 68% dei viaggiatori green) a rendere più intuitiva e semplice la ricerca di informazioni riguardanti sostenibilità e pratiche eco-friendly per la propria vacanza.
Ad oggi non esistono ancora degli standard per un riconoscimento univoco di una struttura come ‘sostenibile’.
I marchi di certificazione istituzionali (ISO, Ecolabel) non sono riconosciuti immediatamente dal consumatore perchè riguardano un’attestazione tecnica legata a esigenze burocratiche o amministrative. In alcune Regioni, come il Veneto si assiste ad una diminuzione di queste certificazioni perchè il costo sostenuto per ottenerle non è compensato dal ritorno economico.
I marchi proposti fino ad oggi dai grandi intermediari della rete (Booking, Tripadvisor) non hanno ancora preso campo per via della poca attendibilità visto che controlli in merito sono inesistenti.
Per capire quanto siamo lontani politicamente da questo approccio vi invito ad intraprendere su internet un viaggio in Norvegia. Scrivete “viaggio in Norvegia” su Google e vedrete che ruolo può avere la pubblica amministrazione su questo tema.
PORTALE TURISTICO DELLA NORVEGIA
Innanzitutto troviamo un portale istituzionale completamente in italiano e con dominio .it. In secondo luogo troviamo direttamente nella home page il tema della sostenibilità come aspetto fondamentale del viaggio.
Approfondendo la ricerca scopriamo che i paesi del nord europa hanno adottato un marchio comune SUSTAINABLE DESTINATIONS che identifica questo aspetto che promuove in un’apposita sezione del sito stesso.
Quello che stiamo tentando di fare a livello legislativo è di intervenire sulla classificazione già esistente delle strutture recettive, in modo tale da aggiungere ai requisiti da richiesti oggi, anche quelli legati alla sostenibilità ambientale. Pensiamo che una soluzione del genere, se adottata anche a livello nazionale, proporrebbe un’immagine nuova della nostra accoglienza, dove per determinate classificazioni confort e servizi potrebbero essere riconosciute solo se legate anche al rispetto dell’ambiente.
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